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Analizzeremo per concludere il problema del rapporto arte/tecnologia secondo una prospettiva particolarmente interessante, che desumiamo da alcune illuminanti considerazioni dello storico e critico dell’arte Alberto Boatto, così come sono espresse in un suo agile e -come sempre- acutissimo saggio del 19921.

Il motivo dominante di questo libro -che porta il titolo Della guerra e dell’aria– è ciò che, citando l’autore, appare come “lodierna dislocazione in atto nell’aria di ogni livello della realtà”, dove l’occasione per occuparsene è fornita da un fatto storico di quei giorni, vale a dire quel desert storm che ha visto inaugurare da parte delle forze armate americane la vera guerra post-moderna, la guerra cosiddetta “intelligente” e “chirurgica” che si risolve completamente a livello aeronautico, escludendo dunque gli interventi di “terra” caratteristici fino ad allora di ogni intervento bellico.

Muovendo da quei fatti contingenti, l’autore mette in luce come ogni ambito -a lui contemporaneo- della realtà, da quello politico a quello estetico, si collochi concettualmente in una dimensione “aerea” e verticale2.

Cosa tutto ciò significhi in dettaglio, e cosa esso può suggerire alla teoria ed alla pratica delle discipline artistiche contemporanee, è espresso dalle stesse parole di Boatto, che nel capitolo La conquista dell’aria dice: “Storicamente, la terra è lelemento che caratterizza il mondo antico, …, (con) la coltivazione dei campi e lallevamento del bestiame, …; tutte pesanti realtà che si tenevano strette al suolo, alla resistenza delle zolle, alle radici sepolte. Lacqua, il suo possesso, è ciò che definisce invece lepoca moderna, con lesplorazione e lattraversamento degli oceani, con la scoperta dei nuovi mondi e listituzione di regolari rotte transcontinentali di collegamento. Ma oggi, lavvenimento che distingue il nostro tempo, il tempo venuto fuori dalle spoglie del moderno, è il dominio plenario conseguito dall’uomo sopra linvisibile elemento aereo”.

In definitiva quello che l’autore ci suggerisce, attraverso un’abile forma retorica,  è che sembra esistere una corrispondenza fra il progressivo dominio dell’uomo sulla natura e la forma specifica che la sua civiltà assume attraverso le epoche. La natura è riassunta ed emblematizzata dagli elementi della fisica antica, e il confronto con l’uno o con l’altro di essi darebbe sostanza  alla cultura complessiva dell’uomo impegnato evolutivamente in tale sforzo di dominio.

Ecco allora che -interpretate secondo questo impianto- le scienze, le tecniche e le arti dell’antichità, in quanto si manifestarono in un contesto dominato dall’elemento terrestre rivestirono di quest’ultimo molte caratteristiche intrinseche: la guerra -per rimanere nell’esempio citato- ebbe la forma del confronto orizzontale, a terra, corpo a corpo, così come -nella comunicazione- dominava una oralità immanente e fisica che implicava la presenza degli interlocutori o -parimenti- una scrittura amanuense legata alla oggettualità, ripetibile solo attraverso un difficile lavoro di copiatura, del manoscritto originale. Allo stesso modo nelle arti ebbe il sopravvento l’arte architettonica della costruzione, e anche la pittura o la scultura conservarono -almeno in occidente- un carattere mimetico nei confronti della realtà fisica, che si espresse o nella totale denotazione trascendentale del simbolo o -viceversa e successivamente- nel naturalismo della copia dal vero.

Per Boatto il confronto con l’elemento acquatico, con l’essere costituita -l’acqua- da terra liquida, da una terra cioè che scioglie la propria immobilità nel movimento pur restando pesante ed orizzontale, caratterizza l’era moderna. In questo periodo l’uomo, oltre a guerreggiare sui mari e a perfezionare le comunicazioni, inventa le tecnologie della mobilità, in testa -nell’ambito della comunicazione- l’invenzione della stampa (non a caso contemporanea alla scoperta via mare dell’America) in cui la fissità terrestre della scrittura si scioglie nella mobilità dei caratteri di piombo, dando vita all’oceano sconfinato delle possibilità di incastro delle lettere e delle parole. In ambito sociale e filosofico si provi ad interpretare la stessa questione della Riforma come un tentativo del Protestantesimo di sciogliere la rigidità della Dottrina antica e -dunque- terrestre. Il primo libro a stampa, datato 1455, è d’altronde una Bibbia. O ancora, si pensi -in ambito artistico- a come l’elemento stilistico del “movimento” abbia caratterizzato successivamente il manierismo e il barocco, in forme estetiche in cui la corporeità dei soggetti rappresentati tenta di svincolarsi dalla immobilità della pietra o delle superfici per assumere il dinamismo proprio -appunto- dell’elemento acquatico.

Si noti -per inciso- che il quaternario antico degli elementi naturali  suddivisi in terra, acqua, aria e fuoco, era a sua volta scomposto secondo un’ulteriore ripartizione quaternaria delle loro rispettive caratteristiche: la terra era considerata fredda e secca, l’acqua fredda e umida, l’aria calda e umida ed infine il fuoco caldo e secco. In questo modo ogni elemento partecipa ad un altro secondo una concatenazione ascendente che porta alla rarefazione dell’etere, il quinto -invisibile- elemento.

È soltanto nella post-modernità che l’elemento aereo prende il sopravvento, e la cultura occidentale di questo periodo sembra essere completamente caratterizzata dalla verticalità dell’aria. L’esempio principe viene ad essere individuato, da Boatto, proprio in ambito estetico: la poetica della decontestualizzazione, tipica dell’arte delle avanguardie e in modo particolare del Dadaismo, è caratterizzata dall’osservare le cose dall’esterno, dallo sforzo di svincolarsi dallo sguardo contestuale tipico del senso comune -che è totalmente immerso nelle proprie rappresentazioni soggettive- per assumere una posizione esterna, dunque critica ed oggettiva; tale processo gnoseologico che si attua proprio attraverso una sorta di “sguardo dal di fuori”, implica l’esteriorità, l’altezza, la distanza e la verticalità dell’aria.

La tecnologia aeronautica che permette la visione esterna e decontestuale dello stesso pianeta che abitiamo, così come negli anni ‛60 ci è stata restituita dal progetto spaziale, è posta sotto il segno dell’aria così come sono poste sotto il segno dell’aria le scienze critiche del novecento, in testa la psicoanalisi, che tentano di restituire dell’uomo una descrizione oggettiva, svincolata sia dal Dogma dell’antico sia dalla Riforma del moderno. Le stesse telecomunicazioni, il telefono, la radio ma anche la televisione, che caratterizzano la comunicazione all’interno del villaggio globale, funzionano verticalmente, avvolgono il pianeta come un’atmosfera. Esse rappresentano un’integrazione e un superamento sia del carro antico sia della nave moderna; nella forma simbolica della velocità (il treno, l’automobile, l’aereo) connotano definitivamente il post-moderno come consustanziale all’elemento aria.

Pur in una estrema semplificazione, questa è grosso modo l’idea espressa dal noto scrittore, grande interprete del Dadaismo e della Pop Art. Ogni lettore del saggio in oggetto avrà notato che manca, nella associazione retorica dei vari stadi della cultura umana con gli elementi naturali, un riferimento preciso al fuoco,  se si esclude un brevissimo passaggio in cui le “virtù attive” di quest’ultimo vengono connotate al carattere ultra-aereo della rete di satelliti che gravita intorno al nostro pianeta mappandolo con occhi invisibili ed esterni. Effettivamente l’autore, a mio avviso, non si è voluto esprimere compiutamente in relazione a questioni che ancora non si erano totalmente sviluppate all’epoca della stesura del libro, e che esorbitano -peraltro- dalle sue pur vastissime competenze. Le questioni a cui mi riferisco riguardano -chiaramente- la rivoluzione digitale nella sua complessità.

Se è vero che le tecnologie in questione, con tutto l’insieme di nuove possibilità che offrono in ogni campo, rappresentano l’estremo traguardo scientifico delle scienze occidentali, allora l’ipotesi che esse possano essere poeticamente connotate al fuoco, concepito -conformemente al pensiero ermetico che ha ideato l’impianto interpretativo dei quattro elementi- come compimento del loro stesso sviluppo, appare decisamente legittima; tanto più se si considera il fatto -non meno mitologico- che l’elettronico è una sorta di perfezionamento dell’elettrico -da cui proviene e in cui si radica- e l’elettrico è -tautologicamente- fuoco, lampo, fulmine, luce.

O meglio, esattamente come l’aria che è calda e umida, e che perciò partecipa contemporaneamente dell’acqua da cui proviene e del fuoco verso cui tende, l’elettrico è aereo, si scatena nell’umidità acquatica (e “moderna”, per mantenere le corrispondenze ipotizzate) ma già prefigura (nella sua “post-modernità”) il compimento igneo  del digitale.

Come dire -nell’ambito delle tecnologie di comunicazione- che nella televisione è contenuta la rivoluzione moderna della stampa a caratteri mobili che la precede ma -contemporaneamente- nel suo essere multimediale, immaginifica, continua, elettrica– è prefigurata la caratteristica ignea dell’attività -o meglio dell’interattività– del computer.

Oppure anche come dire che -in ambito artistico- le rarefazioni concettuali nate dalle avanguardie storiche, così tipiche dell’aereo, in sé contengono qualcosa che già gravita -in particolare nelle esperienze della performance e della installazione ambientale- verso forme espressive diverse, anche se a tutt’oggi il loro carattere preciso deve ancora essere messo a fuoco.

Note
1. Alberto Boatto, Della guerra e dellaria, edizioni costa&nolan, Genova 1992.
2. Muovere da considerazioni legate all’ambito bellico per interpretare determinati aspetti generali della realtà sociale e comunicazionale non è affatto peregrino. Come spessissimo accade per molte tecnologie, la tecnologia delle reti telematiche è stata inizialmente studiata e sperimentata a scopi bellici, seppur difensivi: Internet vede come noto la luce nel 1969 all’interno di un progetto del Dipartimento della Difesa del governo degli Stati Uniti finalizzato a conservare le comunicazioni allo Stato Maggiore anche in caso di attacco nucleare.
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