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Articoli vintage

 

 

Dato che il mondo prende una direzione delirante, occorre assumere un punto di vista delirante.
Jean Baudrillard

Come ogni sera Adamo ed Eva, in coda ad un disciplinato gruppo di Nuove Coppie con la Uno bianca posteggiata in seconda fila, aspettano il proprio turno davanti al distributore di videocassette, per noleggiare un film che conferisca senso alle loro nozze e alla serata davanti al televisore.

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Mi si consenta, nella sera di questo 1994 così fatale per il nostro Paese e forse per il nostro Mondo 1, di fare alcune digressioni d’ordine sociologico e generale, approfittando dell’opportunità di parlare da questa tribuna privilegiata in quanto laterale e immaginaria, come laterale e immaginaria è l’Arte di cui si occupa. Vorrei parlare della Trasparenza e della Superficialità.

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Sabato pomeriggio, il giorno delle inaugurazioni nelle gallerie d’arte. In città oggi ce ne sono tre, ed io, un po’ per piacere un po’ per dovere, dovrei essere presente. Decido di andare alla personale di un milanese emergente, che espone strane installazioni concettualmente sospese tra allusioni tecnologiche e suggestioni cyberpunk, disertando per il momento gli “agravitazionali”.

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Pensavamo si trattasse di un fenomeno passeggero, semplicemente legato al successo di un film di cassetta, che si sarebbe esaurito con l’uscita di quel film dalle sale di prima visione e che avremmo presto visto evaporare nella semiosfera nebulosa e satura di un immaginario collettivo sempre più caotico e frattale. Invece il fenomeno continua ed anzi avanza, l’industria della comunicazione -dalla pubblicità di provincia ai grandi progetti di marketing- continua a proporne le sconcertanti immagini, che sembrano destinate a diventare un caposaldo dei topoi immaginali di tutti gli anni novanta, o quantomeno la loro -almeno questa, certa- origine.

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Una volta chiesi a Mikiko, una mia carinissima amica giapponese, se per caso avesse portato con sé -per il periodo di permanenza in Italia- dei fumetti da casa. Un pò stupita per la domanda che evidentemente considerava scontata, in un italiano discutibile mi rispose più seria che mai: “certo, io non vivo senza Manga“. Poi aggiunse che suo fratello le aveva appena spedito gli ultimi albi di alcuni dei suoi personaggi preferiti.

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