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La cinepresa di Arianna

 

 

Altro ambito coinvolto in prima persona nel discorso che andiamo facendo è quello che la cultura moderna ha riservato, fra l’altro probabilmente anche come valvola di sfogo, a ciò che spesso impropriamente è stato definito «l’irrazionale», meglio identificato dagli addetti ai lavori come «l’ambiguo»: ci riferiamo all’ambito estetico.

Anche l’intuizione artistica è oggi in qualche modo ipostatizzata, e il prototipo omerico del veggente cieco, del poeta che non abbisogna degli occhi fisici perché dotato della vista interiore, ancora domina, ma lungo i canoni di un’estetica selvaggia, slegata cioè da ogni paradigma metafisico, la quale si muove nel migliore dei casi attraverso gli indeterminati percorsi, spesso a loro volta neomitici, dello psicologismo.

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The Thing, «La Cosa», una «paranoica parabola cinematografica», secondo la definizione che la critica americana diede di questo film, uscito nel giugno del 1982 per la regia di John Carpenter e tratto da un racconto di Jhon W. Campbell, è un prodotto piuttosto ibrido, sotto molti aspetti notevole, difficile a definirsi; esso non presenta nella sua trama una rivisitazione mitica precisa, ma malgrado ciò lo riteniamo ugualmente significativo per la nostra ricerca, data la possibilità che ci offre di fare un certo numero di considerazioni.

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A mo’ di prologo all’analisi sulla transfunzionalizzazione del mito nel cinema fantastico contemporaneo ci sembra indispensabile, come dicevamo, inquadrare in un più ampio contesto il discorso che andiamo facendo, sebbene molte considerazioni avremo occasione di farle al momento opportuno, via via che procederemo col nostro lavoro di disamina; in particolare intendiamo occuparci brevemente in questa sede del riaffiorare, nella compagine della nostra socio-cultura, di prassi comportamentali appartenenti in origine a civiltà che alla loro base ponevano il mito, e sorvoleremo, per il momento, sui multiformi tipi di citazione dei contenuti propriamente mitologici che spesso a tali prassi si accompagnano. In altri termini, qui non ci interesseremo tanto delle rivisitazioni più o meno legittime della mitica tradizionale che per ogni dove vengono attuate (e di cui daremo possibilità di ampio riscontro nella seconda parte di questo studio), bensì di quella non tanto celata tendenza della cultura, in particolar modo di quella di massa, a procedere, in definitiva, in maniera «mitologica».

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